Storie di Partita Iva: Barbara Reverberi e il mondo freelance in Italia

Stefano Melli
Aggiornato il

Se recentemente hai aperto partita iva o stai pensando di farlo, è molto probabile che tu abbia scoperto i contenuti di Barbara Reverberi, giornalista e mentore nel mondo freelance.

Nel 2017 ha fondato Freelance Network Italia e aiuta liberi professionisti o futuri tali a intraprendere un percorso lavorativo indipendente. Dal 2018 conduce il podcast “News del Freelance” e nel 2020 ha pubblicato “Freelance Digitali”, Maggioli editore.

La sua carriera da giornalista l’ha portata a condurre l’ufficio stampa della fondazione Benedetta D’Intino di Cristina Mondadori, prima di dedicarsi al mondo freelance mettendo a disposizione la sua esperienza. Insomma, chi meglio di lei per parlare della situazione dei liberi professionisti in Italia? 

Barbara, se ti chiedessi di fare una fotografia dei liberi professionisti italiani, quale sarebbe la scena rappresentata?

“Catalogare” i freelance non è semplice perché non esistono dei dati specifici: di fatto è una condizione in cui si ha partita iva e non si hanno dipendenti. Si va dalla parrucchiera che ha una ditta individuale al giovane freelance digitale, passando per avvocati e commercialisti che aprono la loro attività e molte altre figure professionali. Sono davvero tante le sfumature lavorative. 

L’Italia si alterna con la Grecia nel primato europeo di partite iva attive: siamo passati da 3 a 5 milioni e sempre più giovani scelgono questa strada come prima esperienza lavorativa. Questo è dovuto sicuramente alla sempre più scarsa sicurezza dei contratti che offre il nostro Paese e al DNA italiano che ci porta, sempre, a trovare soluzioni creative. Possiamo dire che in Italia circa 1 laureato su 5 immagina un futuro da libero professionista, ad oggi mi chiamano addirittura ragazzi di 22 anni.

La paura della partita iva ormai è evidente solamente negli over 35, mentre i giovani di oggi hanno una forte volontà di cambiare linguaggio anche nel mondo del lavoro. La mentalità arroccata sul guadagno fisso è davvero limitante perché ci vincola ad un’aspettativa, facendo allontanare le persone dalla sorpresa e dalla possibilità di migliorare sempre.

Quali fattori reputi determinanti nella scelta dei giovani di aprire partita iva?

Possiamo identificarne principalmente tre: volontà d’espressione, flessibilità e guadagni. Partendo dall’ultimo, ormai si leggono troppi annunci “trappola” in cui si propongono stage o apprendistato sottopagati in cui le risorse ricercate devono già saper fare tutto. Il praticante quando – e cosa – impara se deve già arrivare con il suo bagaglio di competenze? Credo che una revisione dell’ingresso nel mondo del lavoro sia necessaria perché troppo spesso i giovani si sentono con le ali tarpate sui preconcetti legati alla loro età, nonostante skills e competenze dall’alto valore potenziale. 

Subentra poi la flessibilità e l’autodeterminazione, valori fondamentali per i ragazzi e per la loro crescita. Con il lavoro indipendente c’è la possibilità di gestire il proprio tempo e questa possibilità garantisce un work life balance equilibrato, cosa troppo spesso negata con un contratto aziendale. Straordinari non pagati o pagati troppo poco, richiesti come fosse normalità, limitano le possibilità dei giovani di vivere serenamente sia la vita lavorativa sia quella sociale.

Ancora troppe aziende conservano una mentalità familiare e patriarcale, con il “datore di lavoro” che vuole il dipendente alla scrivania pronto a performare in ogni momento. L’avvento dello smart working, o più generalmente del lavoro da remoto, ha sicuramente attenuato questa dinamica, ma non tutte le aziende lo hanno accolto con positività.

Infine la voglia di esprimersi, in particolare per quelle figure professionali specializzate che dopo anni di studio si ritrovano a ricoprire mansioni che non sentono come gratificanti. In questi casi aprire partita iva può essere una presa di posizione che permette di mettere a terra e migliorare sul campo le competenze acquisite.

Al di là di quelli lavorativi, quali sono per te i vantaggi a livello umano?

Anzitutto, la possibilità di scegliere con chi lavorare, sia lato clienti sia lato collaboratori, quindi con chi condividere le proprie giornate. A me piace parlare di Bubbles, “bolle” di prossimità in cui far convergere la propria selezione di persone. In particolare mi riferisco a professionisti che possono essere complementari a ciò che facciamo e aiutarci a creare opportunità professionali. Le relazioni sono fondamentali in questo campo e un freelance ha la possibilità di creare reti di professionisti che non si sovrappongono ma si completano.

Subentrano in questo discorso anche gli spazi: chi sceglie di condividere il luogo di lavoro con altri professionisti accetta di trasformare la competizione in collaborazione, dinamica molto presente nei coworking. Oppure si può scegliere di lavorare viaggiando, o di lavorare dalla propria casa; in ogni caso, lo spazio di lavoro è il simbolo dell’indipendenza, in quanto è una scelta personale quotidiana.

Un suggerimento per le aziende è proprio quello di coinvolgere di tanto in tanto nelle proprie sedi i freelance, così da portare “in casa” la leva del cambiamento. Infatti un libero professionista deve essere sempre aggiornato e vive di dinamiche nuove, probabilmente quelle che un domani saranno la normalità. Farsi contaminare dai giovani, questo sì che sarebbe un grande aiuto per le nostre imprese, spesso ancora troppo “anziane”.

Quali consigli daresti a chi si affaccia al mondo della partita iva?

Una volta che si ha chiaro cosa si vuole vendere, bisogna capire bene qual è il tipo di target con cui si vuole dialogare: all’inizio è importantissimo crearsi in testa la tipologia di cliente  per capire come specializzarsi nei servizi che vengono cercati. Questo concetto va a braccetto con quello del darsi un valore, così da posizionarsi nel modo corretto. 

È fondamentale infatti analizzare il mercato e capire quanto costano realmente i nostri servizi, magari confrontandosi con altri freelance che fanno lo stesso lavoro o uno simile. Da non sottovalutare in questo senso è il valore dell’esperienza, una delle chiavi per definire non solo i prezzi da fare, ma pure per mettere a fuoco la crescita. All’inizio è infatti possibile offrire dei prezzi leggermente più bassi, così da poter emergere e crearsi un portfolio o un giro di clienti, ma senza rovinare il mercato per chi svolge lo stesso lavoro e con l’obiettivo di posizionarsi nel modo corretto.

Così si può iniziare a costruire la propria reputazione, altra variabile da avere sempre bene a fuoco, sfruttando anche le potenzialità di strumenti digitali come Linkedin per costruire relazioni di valore.

Di consigli ce ne sarebbero ancora molti, a partire dal non eclissarsi dietro alle consegne. Abbiamo già detto l’importanza del work life balance: è così facile perder di vista l’equilibrio tra le diverse aree della nostra vita. Meglio ascoltarsi e osservarsi per capire quando è il momento di cambiare rotta.

Non bisogna temere di cambiare clienti, modificare i propri servizi, ammettere i propri errori e assumerci le nostre responsabilità: fa parte del gioco e si impara tantissimo. 

Infine, è determinante in questo campo imparare a gestire le proprie finanze, investire nei propri strumenti di lavoro comprando solamente ciò che davvero è necessario, tenendo sempre bene a mente le spese ordinarie. 

Detto questo, dico a tutti di armarsi di coraggio e tuffarsi. Quello della partita iva è un mondo meraviglioso.

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