Storie di Partita Iva: Riccardo English 

Stefano Melli
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Trasformare una passione in un lavoro? Spesso può essere la partita IVA lo step necessario per riuscirci: una volta individuato il settore e il target che può apprezzare il proprio prodotto o servizio, la libera professione è lo strumento che permette a chiunque di verticalizzare i propri sforzi verso ciò che – lavorativamente o no – gli interessa davvero.

Questo è il caso di Riccardo Quinto Cirillo, che negli anni ha fatto diventare la propria passione per le lingue il suo lavoro, senza passare dal titolo universitario. Le sue esperienze di vita e la sua formazione continua, oltre alla conoscenza di greco e latino, gli hanno permesso ad oggi di coltivare una community in continua crescita sui social e di posizionarsi nel mercato del lavoro come consulente linguistico. 

Lavora sia con privati sia con aziende, formando persone che vogliono ottenere certificazioni linguistiche e con lavoratori di ogni livello che intendono migliorare le proprie competenze linguistiche settoriali. Quella di Riccardo è una storia interessante che parte proprio da alcune difficoltà di comunicazione all’estero e che nel tempo lo ha visto diventare un professionista del settore

Riccardo, come nasce questa passione e questo interesse per le lingue? 

“Nel 2014, all’età di 22 anni, avevo bisogno di vivere una nuova avventura e ho deciso di partire per l’Australia. Sicuramente tra le motivazioni principali c’era quella di migliorare il mio inglese scolastico, ma dato che non avevo grandi disponibilità economiche ho scelto di non frequentare corsi di lingua, bensì di vivere la quotidianità dei local. Volevo parlare con loro, conoscerli, far nascere amicizie e condividere bei momenti.

Se non altro, questa era l’idea di partenza. Mi sono ritrovato in contesti davvero frustranti per me, in cui non riuscivo a farmi capire e tantomeno a capire gli altri. Per scelta, ho passato un mese a non interagire con i miei affetti in Italia, così da allenarmi sulla fonetica senza le contaminazioni di casa. Il tutto è stato abbastanza traumatico, specialmente all’inizio, e riconoscevo la causa di tutto ciò nell’incapacità di esprimermi, per quanto potessi avere dei contenuti da condividere.

Ho pensato: ‘non voglio mai più ritrovarmi in una situazione come questa, in cui non riesco a instaurare rapporti, in cui non riesco ad esprimermi come vorrei, a dire tutto ciò che voglio come lo voglio‘. 

Tornato in Italia, ero motivato più che mai a studiare l’inglese. Ho trovato una tutor madrelingua, ho iniziato a guardare film in inglese, ho impostato i miei dispositivi in lingua inglese. Studiando con la mia tutor, però, ho iniziato a notare che lei faceva il suo lavoro senza passione e dava molte cose per scontate, appunto perché era madrelingua. Da latinista notavo che tante risposte grammaticali e sintattiche non le aveva e ho iniziato a pensare come poter migliorare quel servizio, affinché un italiano potesse davvero imparare una lingua straniera.”

Quando ti sei reso conto di avere un valore in mano da poter condividere? 

“Notando che cominciavo ad essere più bravo di altri, ho iniziato a propormi per impartire ripetizioni di inglese, mandando sempre avanti i miei studi volti al miglioramento delle mie competenze

Un giorno trovai tra le risposte ai miei annunci online quella di una scuola privata di inglese: cercavano un insegnante di Business English per un’azienda con sede vicino a me. Non nascondo che erano davvero in emergenza, dalla loro richiesta si intuiva la forte necessità.

Senza pensarci molto, ho accettato. Ho dovuto ovviamente investire del tempo per apprendere il vocabolario inglese di settore di quell’azienda, mi facevo forza pensando che la richiesta era per un livello base. Potevo farlo, dovevo, era la mia prima commissione importante.

Nel frattempo, continuavo con le ripetizioni a privati e ho iniziato anche a insegnare italiano agli stranieri, utilizzando l’inglese come lingua franca. Il giro di clienti si allargava, ma oltre alla laurea mancava il Celta, la certificazione per l’insegnamento della lingua inglese. 

Nonostante questo, un’altra scuola privata mi contattò per preparare i loro studenti al superamento dei test come il TOEFL, lo IELTS e gli altri. Io avevo solamente il C1 come certificato, quindi mi concentrai sull’insegnamento del metodo di studio e vidi i miei alunni passare i test.”

Quando hai scelto di aprire partita IVA?

“Potendo dire di lavorare per una scuola di lingua inglese, il mio giro di clienti privati continuava ad allargarsi. Inoltre da poco avevo avevo aperto un profilo Instagram dedicato alla lingua inglese.

Quando tutto sembrava andare nel verso giusto, scoppiò il Covid: pandemia, quarantena, tutto fermo. Ho iniziato quindi a concentrarmi sui contenuti per Instagram e piano piano ho visto la mia pagina crescere e da lì trovavo nuovi clienti per lezioni di inglese online.

Digital o no, ormai avevo la mia realtà lavorativa e cominciava ad andarmi stretta la ritenuta d’acconto come pagamento. Mi serviva qualcosa per apparire agli occhi del mondo come un professionista vero, quindi nel luglio 2020 ho aperto partita IVA e la lingua inglese è diventata in quel momento la mia vera professione.

Inizialmente avevo molti dubbi sulle tasse da pagare, mi sembrava tutto molto complesso, ma alla fine è bastato fare i primi passi per imparare e iniziare a camminare nel mondo freelance. Quella della partita IVA è una condizione che in questo momento non cambierei: adoro la mia libertà, decido io con chi lavorare e non ho un capo.

Mancano garanzie, ma ad oggi non le hai nemmeno come dipendente per un’azienda, non mi ritrovo immerso negli stessi stimoli ogni giorno e questo mi permette di crescere. Ad esempio, ho il tempo necessario per la mia pagina Instagram, oltre a quello da dedicare alla mia formazione.

Ho imparato facendo, specialmente lato digital. Ho imparato a usare software di grafica, ho fatto un corso legato alla creazione dei contenuti per i social, ho dedicato tempo ed energia per diventare content creator e questo mi ha permesso di costruire una community online.

Pensavo di investire in ADS per farmi trovare facilmente nuovi clienti, ma in realtà sono diventato sempre più un content creator puro: ci sono quasi inciampato, ma è una dimensione che mi piace.”

Riccardo English - partita iva

Ti fa paura l’intelligenza artificiale da consulente linguistico? 

“Quando Chat GPT è stato rilasciato e ne ho provate le potenzialità ho immaginato che, nel giro di 5 o 10 anni probabilmente, ci potrà essere un’intelligenza artificiale capace di sostituirmi. Un software che possa mettersi a fare conversazione, insegnare la grammatica, fare traduzioni o comunque occuparsi di lingue straniere in senso largo non mi sembra così lontana dalla nostra realtà.

Detto questo, mi è servito poco per capire che non sarà così facile: nessuna macchina può insegnare con empatia, almeno ad oggi. Il legame infatti che instauro con i miei studenti e le mie studentesse è unico e sofistificato e difficilmente un robot, per quanto intelligente, potrà replicarlo.

Io non insegno una lingua straniera, io insegno a poter comunicare efficacemente in una lingua straniera e questa differenza è molto importante. Insegno la grammatica, ma anche quale vocabolario usare in determinate occasioni, e le differenze tra queste a livello linguistico. 

L’intelligenza artificiale è un ottimo strumento: anche io l’ho utilizzata per aiutarmi a creare alcuni miei post, penso che sia un ottimo strumento per i lavori più meccanici.

Sicuramente qualcuno nel mio settore crollerà, ma saranno coloro che lavoreranno in maniera meccanica, senza sentimento, un po’ come la tutor madrelingua che mi seguiva quando sono tornato dall’Australia.”